Vince chi molla...

domenica 2 ottobre 2016


- Anche se non me lo ha chiesto Capitano, le voglio raccontare una cosa.
Che a pensarci bene non so nemmeno se è accaduta veramente, così come non ricordo quanti anni avessi con precisone. Intorno ai cinque credo.
Ero andato con la mia famiglia a trovare degli amici molto facoltosi che vivevano in una grande villa sui colli. La ricordo molto scura, piena di oggetti e suppellettili antichi. Mi metteva un po’ paura.
Questa villa aveva un giardino che si sviluppava sul pendio della collina. Era piena di stradine delimitate dai bordini in cemento delle aiuole che erano piene di piante mediamente alte, di vasi in terracotta. Ricordo anche qualche stauta, forme strane appese sui muri e sulle colonne e delle fontane.
Da qualche parte mia madre conserva delle foto di me che gioco spensierato in questo giardino e ce n'è una dove faccio la pipi in piedi e rido a crepapelle.
Quel giorno mi annoiavo particolarmente, questi amici di famiglia, non avevano bambini piccoli con cui giocare e pensai bene di avventurarmi oltre il giardino per vedere cosa ci fosse. Arrivai all’uscita posteriore e oltrepassai il cancello ritrovandomi su una stradina su cui si affacciavano altre case. Mi parve di sentire delle voci di bambini come me e mi avvicinai. Nello spiazzo di una di queste case c’era un gruppo di ragazzini che giocavano. Alcuni erano su delle bici a rotelle. Non ci ero mai salito prima e pensai a quanto fosse bello provare a farci un giro.
Un bambino si offrì di farmi provare.
Montai su.
Il tempo di capire cosa dovevo fare e in men che non si dica giravo in tondo nello spiazzo divertendomi come un matto, forse troppo. Il bimbo propretario della bici mi fece cenno di restituirgliela, ma feci finta di non sentire e continuai a girare. Lui si mise a fare baccano perchè la rivoleva e in pochissimo tempo tutti i bimbi dello spiazzo mi circondarono e bloccarono. Io non volevo scendere, non ne volevo sapere. Mi ritrovai tutti sopra di me che cercavano di farmi scendere. Piangevo come un disperato, e non so dire con precisione perchè non volessi lasciare quella bici. Ma alla fine riuscirono a strapparmela via con la forza e subito dopo fui cacciato da quello spiazzo.
Mi guardavano tutti come fossi un mostro, un criminale o qualcosa del genere.
La biciletta tornò al suo legittimo propretario che ci mise un attimo a risalirci su e a tornare felice di girare.
Io me ne andai con la coda tra le gambe, rientrai nel giardino e dimenticai questa storia.
Ora, il fatto è che a pensarci bene, nel corso della vita, mi è capitato più di una volta di avere una bici tra le mani. A volte quella bici era un giocattolo nuovo subito rotto, una volta fu un regalo di papà che persi. Una volta fu un amico che mi volto lo sguardo e in ultimo, un’amore che mi ha tradito.
In tutte queste bici c’è una costante, un comune denominatore che ho sempre cercato di isolare e capire senza riuscirci.
Ma soltanto ora che riesco a perdonare quel tradimento, mi rendo conto che la lezione da trarre da quella benedetta bici è che dobbiamo imparare l’accettazione delle cose, a mollare la presa. Imparare ad affidarsi alla vita quando è il momento e a farsi trasportare dalla corrente degli eventi.
Accettare senza attaccamenti.
Avere la forza di trovare un tesoro inestimabile e di lasciarlo li, senza l’egoismo di volerlo tutto per se.
- Una volta un saggio mi disse che se si desidera un fiore, perché “gli si vuole bene”, lo si coglie e lo si porta con sé. Ma se lo si ama, invece, lo si innaffia ogni giorno e ci si prende cura di lui.
- Esattamente Capitano, vedo che lei ha capito perfettamente. Voler bene significa sperare, attaccarsi alle cose e alle persone a seconda delle nostre necessità. E se non siamo ricambiati, soffriamo. Quando la persona a cui vogliamo bene non ci corrisponde, ci sentiamo frustrati e delusi.
Se vogliamo bene a qualcuno, abbiamo alcune aspettative. Se l’altra persona non ci dà quello che ci aspettiamo, stiamo male. Il problema è che c’è un’alta probabilità che l’altro sia spinto ad agire in modo diverso da come vorremmo, perché non siamo tutti uguali. Ogni essere umano è un universo a sé stante.
Amare significa desiderare il meglio dell’altro, anche quando le motivazioni sono diverse. Amare è permettere all’altro di essere felice, anche quando il suo cammino è diverso dal nostro. È un sentimento disinteressato che nasce dalla volontà di donarsi, di offrirsi completamente dal profondo del cuore. Per questo, l’amore non sarà mai fonte di sofferenza.
Quando una persona dice di aver sofferto per amore, in realtà ha sofferto per aver voluto bene. Si soffre a causa degli attaccamenti. Se si ama davvero, non si può stare male, perché non ci si aspetta nulla dall’altro. Quando amiamo, ci offriamo totalmente senza chiedere niente in cambio, per il puro e semplice piacere di “dare”. Ma è chiaro che questo offrirsi e regalarsi in maniera disinteressata può avere luogo solo se c’è conoscenza.
Possiamo amare qualcuno solo quando lo conosciamo davvero, perché amare significa fare un salto nel vuoto, affidare la propria vita e la propria anima. E l’anima non si può indennizzare. Conoscersi significa sapere quali sono le gioie dell’altro, qual è la sua pace, quali sono le sue ire, le sue lotte e i suoi errori. Perché l’amore va oltre la rabbia, la lotta e gli errori e non è presente solo nei momenti allegri.
Amare significa confidare pienamente nel fatto che l’altro ci sarà sempre, qualsiasi cosa accada, perché non ci deve niente: non si tratta di un nostro egoistico possedimento, bensì di una silenziosa compagnia. Amare significa che non cambieremo né con il tempo né con le tormente né con gli inverni.
Amare è attribuire all’altro un posto nel nostro cuore affinché ci resti in qualità di partner, padre, madre, fratello, figlio, amico; amare è sapere che anche nel cuore dell’altro c’è un posto speciale per noi. Dare amore non ne esaurisce la quantità, anzi, la aumenta. E per ricambiare tutto quell’amore, bisogna aprire il cuore e lasciarsi amare.
Lascio dunque andare quella bici e la restituisco al suo leggittimo proprietario.
Ora sono davvero libero di cercare qualcosa per me, la mia biciletta con le rotelle.
Io non so se questa cosa vale per tutti o se ognuno di noi dentro di se capisce altre cose.
Io in questa vita ho capito questo.
Non so se vale qualcosa e se può essere utile ma adesso che l’ho capito, tutto mi è più chiaro.

E sentirai la strada far battere il tuo cuore...

martedì 7 giugno 2016

- Lo sa capitano?
Poco fa mentre camminavo lungo la balconata destra, sul ponte superiore proprio sotto le ciminiere di questa nave, ho avuto un sussulto di lucidità. Come una premonizione del tutto, un sentimento cosmico e infinitamente piccolo allo stesso tempo.
Ho avvertito un contraccolpo nel cuore, come l'esplosione di una stella nel fondo di una galassia lontana, o quello che molto più semplicemente potrei descrivere come un momento di felicità.
Credo di aver capito che la felicità vera è una scommessa folle, un azzardo consapevole. E' una scelta. Scegli di scommettere nonostante sei sicuro di perdere, scegli di essere felice pur avendo presente quel che si è vissuto e visto e ben sapendo quel che di più terribile può accadere a te o a chi vuoi bene. Punti lo stesso e punti tutto.
La felicità non appartiene al passato e non alberga nel futuro, ma è qui in questo istante, ne un attimo prima e ne un secondo dopo.
La felicità è un gesto reazionario, è essere contro, ma questa volta per l'unica causa giusta.
- Lo so ragazzo, lo so!

O è natale tutti i giorni o non è natale mai...

domenica 10 gennaio 2016


- Vedo che non hai ancora tolto gli addobbi natalizi dalla tua cabina!
- No Capitano, sa com'è? Sono maledettamente pigro per certe cose.
- Ah si, si... ne so qualcosa.
- Anzi, sa che le dico? Inizio adesso. Prendo lo scatolone e inizio dalle cose piccole e poi piano piano vado avanti con quelle più grandi.
Tolgo certi pensieri che ogni tanto tornano, i giorni e queste settimane appena trascorse. Tolgo e metto via la bella giornata che ho passato nel mio trentottesimo compleanno. Tolgo questo natale che magari non è stato proprio il massimo, ma va bene così. Tolgo le difficoltà che ho incontrato studiando teatro. I litigi e le sfuriate che mi sono capitate in questo periodo. Metto in scatola le belle serate con vecchi e nuovi amici, i bei film visti e le belle storie lette.
Metto via la stanchezza per far spazio alla voglia di movimento. Butto vecchi pantaloni e vecchi cappotti. Spengo le luci del mio vecchio modo di vedere le cose e metto via gli occhiali che indosso.
- Un periodo molto intenso. Eh, quante rose avrai, quanti baci sulla bella strada. Quanti giorni, come anni. E poi non contano solo i giorni, credimi, non contano solo i giorni.
- La bella strada...
- Si, si... vedo che hai fatto anche un piccolo presepe. Sono pochi su questa barca che lo fanno ancora sai?
- Come bene sa Capitano, in Italia è una tradizione molto sentita. Io mi sono limitato a mettere giusto qualche statuina di poco valore.
- Di poco valore dici?
E' un rituale molto antico quello del presepe che ha origine egizie se non ricordo male. Sai cos'è il presepe e dove nasce?
- Veramente ora che ci penso no.
- In Italia ovviamente. Si, si... venne fatto per la prima volta durante la notte di Natale del 1223 da Francesco D'Assisi che era stato per due anni in Egitto appunto, facendo amicizia col sultano, durante le crociate e chissà quali altri grandi cose ha imparato in quegli anni.
- Francesco D'Assisi? Il santo?
- Proprio lui si, si... Il presepe in realtà è uno schema di iniziazione, fare il presepe equivale a fare un vero e proprio rituale iniziatico molto antico.
Per farti capire meglio prendiamo ad esempio il bue, la cui immagine per gli egizi veniva usata per raffigurare la dea Hator, protettrice degli iniziati. L'asinello invece è l'immagine di un altro dio egiziano, Seth, colui che intralcia gli iniziati. In questo rito che è appunto il presepe, la dea Hator e il dio Seth sono entrambi indispensabili perchè uno fa gli ostacoli e l'altro li fa superare.
- Ma cos'è un'iniziazione?
- L'iniziazione sei tu! Perchè iniziazione vuol dire tornare all'inizio. E' un pensiero che avevano gli antichi quando cominciavano a sentirsi un po' vecchi, cioè verso i ventitre, ventiquattro anni, e capivano che stavano diventando adulti e che era un fregatura, e sentivano il bisogno di recuperare il passato,  tornare all'inizio delle cose. Recuperare la forza, l'intelligenza, la vitalità, il futuro insito nell'infanzia.
E' un rito presente in molte culture, ma in Egitto è dove si è sviluppato meglio.
- Mmm vi ascolto Capitano.
- Se potessimo chiedere a un egiziano di tremila anni fa, che cosa vuol dire mettere un bue e un asinello dietro a un bambino, ti risponderebbe che conosce questa usanza, che sa di cosa si tratta. Che sono Hator e Seth.
Come ora puoi capire, hanno una matrice molto diversa da quella che siamo soliti vedere. E nemmeno la grotta o la capanna che sia, sono un elemento a caso. Perchè il bambino non nasce in un contesto civile, in una casa con dei mobili e dei confort, ma nel nulla, libero da condizionamenti precedenti. Un inizio profondo. Lo stesso bambino rappresenta colui che fa il presepe, in questo caso specifico sei tu quel bambino e quando la notte tra il ventiquattro e il venticinque dicembre, metti il bambino nella culla, in realtà stai portando a compimento il rito iniziatico dicendo "questo sono io che rinasco per l'anno nuovo.
- Si ma a questo punto mi chiedo, perchè serve l'asino, il dio Seth? Perchè servono degli ostacoli?
- Perchè è la storia. Senza ostacolo non c'è storia. Senza nemico non c'è valore. E' un po' come nei giochi dei bambini: c'è la fatica ma poi si arriva alla conquista; c'è la corsa e poi il traguardo. L'elemento di ostacolo che è presente sia nel gioco, sia in questo rito di iniziazione è il modo per far capire a quelli che hanno orecchi, che l'ostacolo nel mondo c'è ed è un gioco. Si gioca così, dev'essere così, le regole sono queste. Se prendi la vita come un gioco allora non ti ferma più nessuno. Se invece la prendi come un ostacolo depressivo e la fuggi, allora diventi tu l'ostacolo di qualcun altro.

Ho imparato a sognare

sabato 19 dicembre 2015

Ho imparato a sognare, 
che non ero bambino 
che non ero neanche un' età 
Quando un giorno di scuola 
mi durava una vita 
e il mio mondo finiva un po là 
Tra quel prete palloso 
che ci dava da fare 
e il pallone che andava 
come fosse a motore 
C'era chi era incapace a sognare 
e chi sognava già 
Ho imparato a sognare 
e ho iniziato a sperare 
che chi c'ha avere avrà 
ho imparato a sognare 
quando un sogno è un cannone, 
che se sogni 
ne ammazzi metà 
Quando inizi a capire 
che sei solo e in mutande 
quando inizi a capire 
che tutto è più grande 
C' era chi era incapace a sognare 
e chi sognava già 

Tra una botta che prendo 
e una botta che dò 
tra un amico che perdo 
e un amico che avrò 
che se cado una volta 
una volta cadrò 
e da terra, da lì m'alzerò 

C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò 

Ho imparato a sognare, 
quando inizi a scoprire 
che ogni sogno 
ti porta più in là 
cavalcando aquiloni, 
oltre muri e confini 
ho imparato a sognare da là 
Quando tutte le scuse, 
per giocare son buone 
quando tutta la vita 
è una bella canzone 
C'era chi era incapace a sognare 
e chi sognava già 

Tra una botta che prendo 
e una botta che dò 
tra un amico che perdo 
e un amico che avrò 
che se cado una volta 
una volta cadrò 
e da terra, da lì m'alzerò 

C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò!

Ogni volta che rimando tutto a domani...

giovedì 17 dicembre 2015

Ogni giorno è una pagina nuova.
Lo so non è molto originale come concetto, ma da un po' di tempo a questa parte, mi sembra di svegliarmi ogni mattina in una storia nuova. Mi capita di avere un breve istante di smarrimento quando provo a ricordare che storia si è conclusa la sera prima.
Ma poi non ci penso più.
E se gennaio può essere l'alba di un nuovo giorno, dicembre l'ho sempre visto come la notte. Quando il tramonto di ottobre ha scaldato coi suoi ultimi raggi e novembre ha chiuso le imposte e ci si prepara a quel salto nel vuoto che è il sonno.
Questo "giorno", questo "anno" che si avvia alla sua conclusione, è stato forte, intenso, burrascoso, violento, caldo, tremendo, sorprendente, deludente, disgustoso, meraviglioso, furente, sensibile, solitario, compagnone, triste, felice.
L'ho vissuto tutto e mi ha attraversato pienamente. Sono senza forze capitano, sono stanco, piacevolmente stanco.
Ho voglia di farmi una bella dormita e di svegliarmi domani.

One more cup of coffee...

martedì 15 dicembre 2015

- Ogni tanto scopro l'acqua calda, ma nonostante ciò è sempre una scoperta sensazionale.
- A cosa ti riferisci?
- A questa macchinetta per fare il caffè, la classica Moka italiana. Ne avrà sicuramente sentito parlare anche lei capitano.
- Ah si... si.. le migliore storie che potrei raccontarti ragazzo, partono proprio dall'Italia.
Da Venezia per la precisione.
A Venezia ci sono tre luoghi magici e nascosti. Uno è in Calle dell'amor degli amici; un secondo è vicino al Ponte delle Meravegie; il terzo in Calle dei Marrani a San Geremia in ghetto. Quando i veneziani, e qualche volta anche noi maltesi, siamo stanchi delle autorità costituite, ci rechiamo in uno di questi luoghi segreti e aprendo le porte che stanno nel fondo delle corti, ce ne andiamo in posti bellissimi e in altre storie.
- E magari aprendo una di quelle porte potremmo imbatterci in una vecchia signora che prepara il caffè. 
- Ah si... si... una leggenda narra che il caffè fu scoperto nel 300 dC da un pastore di capre etiope di nome Kaldi. Una mattina al sorgere del sole, Kaldi si preparò per il suo cammino quando il suo gregge cominciò febbrilmente a mangiare bacche rosse e verdi da un cespuglio basso. Piene di energia e con un carisma insolito, le capre cominciarono a ballare, sollevando le zampe in uno stato apparentemente gioia.
Kaldi provò i chicchi.
Dopo aver provato gli effetti immediati di prontezza e di energia costante, ha condiviso la notizia della nuova “bacca meravigliosa” con la gente del suo villaggio e la parola si diffuse rapidamente. Ciò indusse i commercianti arabi nella regione a portare a casa i chicchi per le loro piantagioni e così ebbe inizio la coltivazione di piante di caffè.
Al momento del raccolto, i contadini facevano bollire i chicchi, creando un elisir liquido, che hanno chiamato “Gahwa”, traducibile come “inibitore di sonno”.
- Seguendo il metodo italiano, prendendo una Moka, riempiendone la caldaia di acqua, ma non oltre la valvola laterale. E poi nel filtro, senza pressarlo, mettendo del caffè macinato grosso e poi chiudendo e avvitando il bricco superiore e ponendo il tutto su di un fuoco lento, dopo qualche minuto di attesa, vedremmo fuoriuscire la famosa bevanda.
Ma una Moka nuova di pacca, fa sempre un caffè acerbo. Si dice che non vada mai lavata col sapone ma solo sciacquata in acqua corrente. Ma una cosa è sicura: deve fare diversi caffè prima di iniziare a dare i suoi frutti. Io stesso ho provato tante volte prima di produrre un buon caffè.
Senza contare che ogni Moka è diversa dall'altra, per fattura, per capienza di acqua e per forma. Immagino che debba maturare una sua esperienza per capire come sfruttare la pressione al suo interno, come convogliarla per sprigionare tutti gli aromi e preparare buone tazze di caffè ogni volta che lo si desidera.
Capisce ora capitano?
- Si... si... (sorride)
Fammi un buon caffè ragazzo.
- Ma certo!

La cosa...

mercoledì 9 dicembre 2015

E' che l'amore è una parola strana: vola troppo. Andrebbe sostituita.
Non sarebbe meglio chiamarlo: 'La cosa'? Potrebbe diventare più concreto.
All'inizio lei...io l'amavo. Sì, voglio dire avere quegli attimi intensissimi, che al momento sembra ti lascino dei segni profondi, importanti. Ma 'La cosa' non è questo o meglio, non è solo questo. 'La cosa' è trasformazione, percorso, crescita insieme... è' un patto di sangue stipulato tra due persone e forse, prima ancora, dal destino. 
'La cosa'?... è l'amore. No, è un'altra qualità dell'amore. Una qualità che non rimpiange gli attimi perché diventa la vita. Non so se avrò mai la fortuna di farlo, questo patto, forse ci vorrebbe un uomo.
Cento volte ho provato a cambiare, a ricominciare da capo, a reincarnarmi ma mi sono sempre reincarnato... senza di me. Ecco, senza avere avuto una realtà, io passo evanescente tra i sogni di alcune donne che non hanno avuto la possibilità di completarmi.
Ci sarà senz'altro il modo di fare 'La cosa' altrimenti il nostro destino è quello di essere delle scorze di uomini degli involucri, mai delle persone. Magari dei personaggi... personaggi affascinanti, simpatici anche... mai persone.
Ma se è così l'amore non sarà mai 'materia', 'terra', 'cosa'... sarà sempre una parola che vola, una farfalla che ti si posa un attimo sulla testa e ti rende tanto più ridicolo quanto maggiore è la sua bellezza...

— La cosa, Giorgio Gaber

Come un fiore dentro un muro vive l'anima che è in me, cerca quello che non ha...

mercoledì 11 novembre 2015


- Sai che quasi mi ero dimenticato di te ragazzo?
- Capitano! Era da un po' che non ci incontravamo, ha ragione, ma forse è una buona cosa non trova?
Sono stato molto impegnato in mille cose diverse ultimamente. Molte soddisfazioni, qualche gioia e senza nemmeno accorgermene mi ritrovo in autunno inoltrato.
Che cosa strana il tempo vero? A volte non sai mai come sfuggirgli e certe altre è lui che insegue te.
- Credo che la differenza sia sempre in come vedi le cose e dallo spirito con cui le affronti.
- Mmm, si. Alla luce di quello che ho vissuto negli ultimi mesi, la penso anche io così: tutto sta in come la vedi.
- E adesso? Come la vedi adesso?
- Eheheh, bella domanda. Davvero non lo so.
Se guardo dentro di me, vedo che tutto è in ordine. Ho raggiunto una mia serenità e sono tranquillo. Peccato non riuscire a trasferire questa mia condizione al mondo che mi circonda, soprattutto sul lavoro su cui mi sento un po' in affanno ultimamente.
E ogni tanto mi capita anche qualche piccola sfiga.
- Forse intendevi Sfida!
- Mi sa che anche stavolta ha ragione capitano.
Si, sono delle sfide e io le accetto e le gioco tutte. Eppure...
- Sai cos'è un labirinto?
- Certo!
- Ne hai mai visto uno?
- Si, anche se mi hanno sempre messo un po' di paura. L'idea di perdermici dentro non mi alletta affatto.
- Mmm, è interessante quello che stai dicendo, perchè vedi, il labirinto è una figura stranissima, per molti aspetti misteriosa ancora oggi. Il simbolo del labirinto, lo si può trovare inciso nel marmo, in diverse zone del  mondo.
Nessuno a tutt'oggi sa perchè proprio in quei luoghi specifici.
- Perchè mi sta raccontando tutto questo, capitano?
- Perchè il labirinto vuole significare l'impervia strada della vita dove è facile entrare e perdersi, ma è difficile trovare la via d'uscita.
Ce ne sono diversi in italia, uno dei più singolari è a Lucca, all'entrata laterale sotto l'arcata più piccola del Duomo di S. Martino. Duomo di per se gia abbastanza misterioso per via della sua facciata non simmetrica.
A destra del labirinto, vi è una scritta in latino che dice:
HIC QUEM / CRETICUS / EDIT DEDA - / LUS EST / LABERINT / HUS DEQ(U)- / O NULLU - / S VADER - / E QUIVIT / QUI FUIT / INTUS / NI THESE - / US GRAT - / IS ADRIAN - / E STAMI- / NE IUTUS che tradotta suona più o meno così:
“Questo è il labirinto costruito da Dedalo cretese dal quale nessuno che vi entrò poté uscire eccetto Teseo aiutato dal filo d’Arianna”.
Porta in sè sicuramente un messaggio allegorico, ricordando che la strada della vita è un labirinto alla ricerca dell'uscita da questo mondo superficiale e materiale, un risveglio. La nostra esistenza è una continua ricerca della luce dell'uscita, paragonabile anche alla ricerca del Graal, dell'illuminazione, essendo il vagare in un labirinto sinonimo di vagare al buio. Solo se si segue un "filo di Arianna", un filo che ci appare nella vita di tutti i giorni, con le solite strade senza uscita, i soliti cunicoli, solamente se si riesce ad individuare questo filo conduttore e a seguirlo, allora si potrà trovare la via d'uscita.
Tutti hanno la possibilità di uscire, perchè tutti hanno l'aiuto del filo di Arianna, il più sta a riconoscerlo.
Questo filo sono le coincidenze che ci appaiono di fronte a noi tutti i giorni, quei segni che ci invitano ad essere seguiti, purtroppo la maggior parte delle volte gli uomini decidono di prendere altre strade, restando intrappolati nel labirinto della propria triste esistenza.
- Mmm, credo di aver aver capito.
Ma per sicurezza ci dormirò su questa notte.
Notte capitano.
- Notte ragazzo.

Per le strade di Francia...

lunedì 26 ottobre 2015

Risalgo sulla nave sereno e con il gusto del vino di Borgogna ancora forte in bocca.
Sono stati giorni allegri, di arte, di campagne e compagnie.
Ho condiviso ogni singolo momento e non ricordo più a cosa pensavo prima di scendere.
Ora riprendo posto al timone.
Sognerò nel blu, vivrò nel giallo e amerò nel rosso e con questi colori dipingerò la mia vita.

Bella ragazza, begli occhi e bel cuore, bello sguardo da incrociare...

domenica 27 settembre 2015

Ero li che camminavo sul ponte più alto della nave per godermi l'attimo presente e guardarmi il panorama, quando mi imbatto in una vecchia conoscenza.
Un'amica.
Una bella ragazza che avevo conosciuto circa un anno fa, per caso, in una sera di passeggio nelle zone vecchie della mia città e che non ho visto più perchè un'altra ragazza poco dopo, mi stregò gli occhi e il cuore, distraendomi da tutto e da tutti.
Forse persino da me.
Mi fermo a scambiare due parole, le solite, quelle di circostanza. Ma al "come stai", l'attimo di esitazione mi dice già tutto.
«Non sto un granchè».
«Perchè?» le chiesi io.
E lei mi rispose «Se per fortuna non è un lutto, ne una malattia, cosa altro potrebbe essere?!»
E capisco.
Strano, di solito sono sempre quello che casca dal pero.
Ma non ci voleva certo un genio e poi stavo attraversando un periodo simile al suo per via della strega di cui sopra!
Andammo avanti nella chiacchiera e senza nemmeno descrivere l'accaduto ci capimmo perfettamente. Le dissi che anche io mi trovavo nella sua stessa situazione, forse giusto qualche metro avanti a lei, ma niente di più.
Cercai di improvvisare dei consigli e poi di fare il buffone per farla ridere un po' e dopo un qualche risata ci salutammo.
Nei giorni successivi, ho continuato a ripensare a quell'incontro. Mi aveva toccato una corda che sentivo in risonanza con la sua. Mi sono specchiato in lei e in quello che stava passando e questo mi diede la possibilità di mettere le cose in prospettiva.
Passò un po' di tempo e ci incontrammo nuovamente per un caffè in compagnia di una sua amica. Due chiacchiere in tranquillità e una promessa di vedersi da me per una cena tutti insieme.
Passa qualche giorno e domenica pomeriggio ci sentiamo tramite un messaggio lasciato nella hall centrale della nave.
Lo raccolgo e poco dopo mi ritrovo nella sua cabina, davanti a un caffè.
Parlammo e quella volta, entrambi ci aprimmo di più. Lei finalmente si decise a raccontarmi cosa le era successo ed io feci lo stesso con lei. E mentre questo accadeva, non ho potuto non notare come tanti particolari delle nostre storie si assomigliassero. Ma come so bene ormai, niente accade per caso.
Rimasi fino a quando lei non improvvisò una cena e dopo aver concluso con della ratafià, andai via.
Ci sentiamo spesso in questi giorni e continua ad avere sempre lo stesso effetto su di me.
Uno specchio.
E ogni volta è sempre strano, perchè in generale credo che non siamo abituati a guardarci allo specchio ad osservare i nostri comportamenti e le situazioni in cui siamo calati.
Sono contento di sentirla, è un'amica simpatica ed è piacevole scambiarci due chiacchiere.