Ho imparato a sognare

sabato 19 dicembre 2015

Ho imparato a sognare, 
che non ero bambino 
che non ero neanche un' età 
Quando un giorno di scuola 
mi durava una vita 
e il mio mondo finiva un po là 
Tra quel prete palloso 
che ci dava da fare 
e il pallone che andava 
come fosse a motore 
C'era chi era incapace a sognare 
e chi sognava già 
Ho imparato a sognare 
e ho iniziato a sperare 
che chi c'ha avere avrà 
ho imparato a sognare 
quando un sogno è un cannone, 
che se sogni 
ne ammazzi metà 
Quando inizi a capire 
che sei solo e in mutande 
quando inizi a capire 
che tutto è più grande 
C' era chi era incapace a sognare 
e chi sognava già 

Tra una botta che prendo 
e una botta che dò 
tra un amico che perdo 
e un amico che avrò 
che se cado una volta 
una volta cadrò 
e da terra, da lì m'alzerò 

C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò 

Ho imparato a sognare, 
quando inizi a scoprire 
che ogni sogno 
ti porta più in là 
cavalcando aquiloni, 
oltre muri e confini 
ho imparato a sognare da là 
Quando tutte le scuse, 
per giocare son buone 
quando tutta la vita 
è una bella canzone 
C'era chi era incapace a sognare 
e chi sognava già 

Tra una botta che prendo 
e una botta che dò 
tra un amico che perdo 
e un amico che avrò 
che se cado una volta 
una volta cadrò 
e da terra, da lì m'alzerò 

C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò!

Ogni volta che rimando tutto a domani...

giovedì 17 dicembre 2015

Ogni giorno è una pagina nuova.
Lo so non è molto originale come concetto, ma da un po' di tempo a questa parte, mi sembra di svegliarmi ogni mattina in una storia nuova. Mi capita di avere un breve istante di smarrimento quando provo a ricordare che storia si è conclusa la sera prima.
Ma poi non ci penso più.
E se gennaio può essere l'alba di un nuovo giorno, dicembre l'ho sempre visto come la notte. Quando il tramonto di ottobre ha scaldato coi suoi ultimi raggi e novembre ha chiuso le imposte e ci si prepara a quel salto nel vuoto che è il sonno.
Questo "giorno", questo "anno" che si avvia alla sua conclusione, è stato forte, intenso, burrascoso, violento, caldo, tremendo, sorprendente, deludente, disgustoso, meraviglioso, furente, sensibile, solitario, compagnone, triste, felice.
L'ho vissuto tutto e mi ha attraversato pienamente. Sono senza forze capitano, sono stanco, piacevolmente stanco.
Ho voglia di farmi una bella dormita e di svegliarmi domani.

One more cup of coffee...

martedì 15 dicembre 2015

- Ogni tanto scopro l'acqua calda, ma nonostante ciò è sempre una scoperta sensazionale.
- A cosa ti riferisci?
- A questa macchinetta per fare il caffè, la classica Moka italiana. Ne avrà sicuramente sentito parlare anche lei capitano.
- Ah si... si.. le migliore storie che potrei raccontarti ragazzo, partono proprio dall'Italia.
Da Venezia per la precisione.
A Venezia ci sono tre luoghi magici e nascosti. Uno è in Calle dell'amor degli amici; un secondo è vicino al Ponte delle Meravegie; il terzo in Calle dei Marrani a San Geremia in ghetto. Quando i veneziani, e qualche volta anche noi maltesi, siamo stanchi delle autorità costituite, ci rechiamo in uno di questi luoghi segreti e aprendo le porte che stanno nel fondo delle corti, ce ne andiamo in posti bellissimi e in altre storie.
- E magari aprendo una di quelle porte potremmo imbatterci in una vecchia signora che prepara il caffè. 
- Ah si... si... una leggenda narra che il caffè fu scoperto nel 300 dC da un pastore di capre etiope di nome Kaldi. Una mattina al sorgere del sole, Kaldi si preparò per il suo cammino quando il suo gregge cominciò febbrilmente a mangiare bacche rosse e verdi da un cespuglio basso. Piene di energia e con un carisma insolito, le capre cominciarono a ballare, sollevando le zampe in uno stato apparentemente gioia.
Kaldi provò i chicchi.
Dopo aver provato gli effetti immediati di prontezza e di energia costante, ha condiviso la notizia della nuova “bacca meravigliosa” con la gente del suo villaggio e la parola si diffuse rapidamente. Ciò indusse i commercianti arabi nella regione a portare a casa i chicchi per le loro piantagioni e così ebbe inizio la coltivazione di piante di caffè.
Al momento del raccolto, i contadini facevano bollire i chicchi, creando un elisir liquido, che hanno chiamato “Gahwa”, traducibile come “inibitore di sonno”.
- Seguendo il metodo italiano, prendendo una Moka, riempiendone la caldaia di acqua, ma non oltre la valvola laterale. E poi nel filtro, senza pressarlo, mettendo del caffè macinato grosso e poi chiudendo e avvitando il bricco superiore e ponendo il tutto su di un fuoco lento, dopo qualche minuto di attesa, vedremmo fuoriuscire la famosa bevanda.
Ma una Moka nuova di pacca, fa sempre un caffè acerbo. Si dice che non vada mai lavata col sapone ma solo sciacquata in acqua corrente. Ma una cosa è sicura: deve fare diversi caffè prima di iniziare a dare i suoi frutti. Io stesso ho provato tante volte prima di produrre un buon caffè.
Senza contare che ogni Moka è diversa dall'altra, per fattura, per capienza di acqua e per forma. Immagino che debba maturare una sua esperienza per capire come sfruttare la pressione al suo interno, come convogliarla per sprigionare tutti gli aromi e preparare buone tazze di caffè ogni volta che lo si desidera.
Capisce ora capitano?
- Si... si... (sorride)
Fammi un buon caffè ragazzo.
- Ma certo!

La cosa...

mercoledì 9 dicembre 2015

E' che l'amore è una parola strana: vola troppo. Andrebbe sostituita.
Non sarebbe meglio chiamarlo: 'La cosa'? Potrebbe diventare più concreto.
All'inizio lei...io l'amavo. Sì, voglio dire avere quegli attimi intensissimi, che al momento sembra ti lascino dei segni profondi, importanti. Ma 'La cosa' non è questo o meglio, non è solo questo. 'La cosa' è trasformazione, percorso, crescita insieme... è' un patto di sangue stipulato tra due persone e forse, prima ancora, dal destino. 
'La cosa'?... è l'amore. No, è un'altra qualità dell'amore. Una qualità che non rimpiange gli attimi perché diventa la vita. Non so se avrò mai la fortuna di farlo, questo patto, forse ci vorrebbe un uomo.
Cento volte ho provato a cambiare, a ricominciare da capo, a reincarnarmi ma mi sono sempre reincarnato... senza di me. Ecco, senza avere avuto una realtà, io passo evanescente tra i sogni di alcune donne che non hanno avuto la possibilità di completarmi.
Ci sarà senz'altro il modo di fare 'La cosa' altrimenti il nostro destino è quello di essere delle scorze di uomini degli involucri, mai delle persone. Magari dei personaggi... personaggi affascinanti, simpatici anche... mai persone.
Ma se è così l'amore non sarà mai 'materia', 'terra', 'cosa'... sarà sempre una parola che vola, una farfalla che ti si posa un attimo sulla testa e ti rende tanto più ridicolo quanto maggiore è la sua bellezza...

— La cosa, Giorgio Gaber