Vince chi molla...

domenica 2 ottobre 2016


- Anche se non me lo ha chiesto Capitano, le voglio raccontare una cosa.
Che a pensarci bene non so nemmeno se è accaduta veramente, così come non ricordo quanti anni avessi con precisone. Intorno ai cinque credo.
Ero andato con la mia famiglia a trovare degli amici molto facoltosi che vivevano in una grande villa sui colli. La ricordo molto scura, piena di oggetti e suppellettili antichi. Mi metteva un po’ paura.
Questa villa aveva un giardino che si sviluppava sul pendio della collina. Era piena di stradine delimitate dai bordini in cemento delle aiuole che erano piene di piante mediamente alte, di vasi in terracotta. Ricordo anche qualche stauta, forme strane appese sui muri e sulle colonne e delle fontane.
Da qualche parte mia madre conserva delle foto di me che gioco spensierato in questo giardino e ce n'è una dove faccio la pipi in piedi e rido a crepapelle.
Quel giorno mi annoiavo particolarmente, questi amici di famiglia, non avevano bambini piccoli con cui giocare e pensai bene di avventurarmi oltre il giardino per vedere cosa ci fosse. Arrivai all’uscita posteriore e oltrepassai il cancello ritrovandomi su una stradina su cui si affacciavano altre case. Mi parve di sentire delle voci di bambini come me e mi avvicinai. Nello spiazzo di una di queste case c’era un gruppo di ragazzini che giocavano. Alcuni erano su delle bici a rotelle. Non ci ero mai salito prima e pensai a quanto fosse bello provare a farci un giro.
Un bambino si offrì di farmi provare.
Montai su.
Il tempo di capire cosa dovevo fare e in men che non si dica giravo in tondo nello spiazzo divertendomi come un matto, forse troppo. Il bimbo propretario della bici mi fece cenno di restituirgliela, ma feci finta di non sentire e continuai a girare. Lui si mise a fare baccano perchè la rivoleva e in pochissimo tempo tutti i bimbi dello spiazzo mi circondarono e bloccarono. Io non volevo scendere, non ne volevo sapere. Mi ritrovai tutti sopra di me che cercavano di farmi scendere. Piangevo come un disperato, e non so dire con precisione perchè non volessi lasciare quella bici. Ma alla fine riuscirono a strapparmela via con la forza e subito dopo fui cacciato da quello spiazzo.
Mi guardavano tutti come fossi un mostro, un criminale o qualcosa del genere.
La biciletta tornò al suo legittimo propretario che ci mise un attimo a risalirci su e a tornare felice di girare.
Io me ne andai con la coda tra le gambe, rientrai nel giardino e dimenticai questa storia.
Ora, il fatto è che a pensarci bene, nel corso della vita, mi è capitato più di una volta di avere una bici tra le mani. A volte quella bici era un giocattolo nuovo subito rotto, una volta fu un regalo di papà che persi. Una volta fu un amico che mi volto lo sguardo e in ultimo, un’amore che mi ha tradito.
In tutte queste bici c’è una costante, un comune denominatore che ho sempre cercato di isolare e capire senza riuscirci.
Ma soltanto ora che riesco a perdonare quel tradimento, mi rendo conto che la lezione da trarre da quella benedetta bici è che dobbiamo imparare l’accettazione delle cose, a mollare la presa. Imparare ad affidarsi alla vita quando è il momento e a farsi trasportare dalla corrente degli eventi.
Accettare senza attaccamenti.
Avere la forza di trovare un tesoro inestimabile e di lasciarlo li, senza l’egoismo di volerlo tutto per se.
- Una volta un saggio mi disse che se si desidera un fiore, perché “gli si vuole bene”, lo si coglie e lo si porta con sé. Ma se lo si ama, invece, lo si innaffia ogni giorno e ci si prende cura di lui.
- Esattamente Capitano, vedo che lei ha capito perfettamente. Voler bene significa sperare, attaccarsi alle cose e alle persone a seconda delle nostre necessità. E se non siamo ricambiati, soffriamo. Quando la persona a cui vogliamo bene non ci corrisponde, ci sentiamo frustrati e delusi.
Se vogliamo bene a qualcuno, abbiamo alcune aspettative. Se l’altra persona non ci dà quello che ci aspettiamo, stiamo male. Il problema è che c’è un’alta probabilità che l’altro sia spinto ad agire in modo diverso da come vorremmo, perché non siamo tutti uguali. Ogni essere umano è un universo a sé stante.
Amare significa desiderare il meglio dell’altro, anche quando le motivazioni sono diverse. Amare è permettere all’altro di essere felice, anche quando il suo cammino è diverso dal nostro. È un sentimento disinteressato che nasce dalla volontà di donarsi, di offrirsi completamente dal profondo del cuore. Per questo, l’amore non sarà mai fonte di sofferenza.
Quando una persona dice di aver sofferto per amore, in realtà ha sofferto per aver voluto bene. Si soffre a causa degli attaccamenti. Se si ama davvero, non si può stare male, perché non ci si aspetta nulla dall’altro. Quando amiamo, ci offriamo totalmente senza chiedere niente in cambio, per il puro e semplice piacere di “dare”. Ma è chiaro che questo offrirsi e regalarsi in maniera disinteressata può avere luogo solo se c’è conoscenza.
Possiamo amare qualcuno solo quando lo conosciamo davvero, perché amare significa fare un salto nel vuoto, affidare la propria vita e la propria anima. E l’anima non si può indennizzare. Conoscersi significa sapere quali sono le gioie dell’altro, qual è la sua pace, quali sono le sue ire, le sue lotte e i suoi errori. Perché l’amore va oltre la rabbia, la lotta e gli errori e non è presente solo nei momenti allegri.
Amare significa confidare pienamente nel fatto che l’altro ci sarà sempre, qualsiasi cosa accada, perché non ci deve niente: non si tratta di un nostro egoistico possedimento, bensì di una silenziosa compagnia. Amare significa che non cambieremo né con il tempo né con le tormente né con gli inverni.
Amare è attribuire all’altro un posto nel nostro cuore affinché ci resti in qualità di partner, padre, madre, fratello, figlio, amico; amare è sapere che anche nel cuore dell’altro c’è un posto speciale per noi. Dare amore non ne esaurisce la quantità, anzi, la aumenta. E per ricambiare tutto quell’amore, bisogna aprire il cuore e lasciarsi amare.
Lascio dunque andare quella bici e la restituisco al suo leggittimo proprietario.
Ora sono davvero libero di cercare qualcosa per me, la mia biciletta con le rotelle.
Io non so se questa cosa vale per tutti o se ognuno di noi dentro di se capisce altre cose.
Io in questa vita ho capito questo.
Non so se vale qualcosa e se può essere utile ma adesso che l’ho capito, tutto mi è più chiaro.