L'amore è laddove sei pronto a soffrire...

domenica 24 aprile 2011

Ieri mattina avevo in mente di andare a visitare La Pedrera di Gaudì approfittando del fatto che Alessandro era a passeggio con la sua Carolina e io ero libero di gironzolare per Barcellona come preferivo, ed essendo ieri Sant Jordi ho trovato lungo tutta la Rambla, bacarelle con rose rosse e libri. 
Il 23 aprile di ogni anno Barcellona e l'intera Catalogna festeggiano Sant Jordi, il giorno degli innamorati, una sorta di San Valentino catalano. In questo giorno infatti, le coppie di amanti, ma anche gli amici, genitori e figli, si regalano delle rose rosse e dei libri per celebrare l'evento.
La festa pololare trae origine dalla storia del legendario cavaliere Jordi. La leggenda narra di un terribile drago che terrorizzava un piccolo villaggio della Catalogna. Per placare il mostro, gli abitanti di questo villaggio offrivano in sacrificio degli animali ma col passare del tempo ciò non bastò più al drago ed allora la popolazione fu costretta ad offrire in sacrificio ogni giorno una persona diversa. Un giorno fu scelta la figlia del re. Proprio quando stava per essere divorata dal drago, un coraggioso cavaliere, chiamato appunto Jordi, si battè contro la mostruosa creatura e la sconfisse trafiggendola con la sua lancia e dallo spruzzo di sangue uscì una rosa rossa.
Da allora è costume in Catalogna regalare una rosa rossa alla propria amata nel giorno di Sant Jordi.
Mi sono immerso nei colori che questa festa riesce ad esprimere fotografando ogni piccolo particolare che catturasse la mia attenzione, camminando su e giù per la Rambla. Di tanto in tanto mi inoltravo nelle calle laterali scovando scorci e negozietti, preziosi come bombiniere. Un' antica pasticceria, un negozio di libri a fumetti, locande e bar, passando attraverso il mercato della Boqueria, coi suoi inconfondibili succhi di frutta sgargianti.
Arrivate le tre del pomeriggio ho iniziato ad accusare un po di stanchezza e fame. Dopo un veloce pasto mi sono diretto verso l'appartamento dove alloggiamo.
Mi sono messo comodo, ho scartato un po di souvenir comprati durante la mattinata e ho aperto l'unica finestra della stanza che si affaccia sul piccolo porticato interno del palazzo.
L'appartamento è situato nel multietico quartiere del Raval, pieno di voci e volti diversi l'uno dall'altro. Di giorno è molto caratteristico, di notte, senza nessua esagerazione è alquanto pericoloso.
Mentre faccio prendere aria alla stanza, i rumori del Raval fanno da colonna sonora a questo pomeriggio Barcellonese. Si sente in lontananza quello che sembra essere un vero e proprio grammofono che trasmette nientepopopodimeno che "Parlami d'amore Mariù" e altri classici di un tempo, mentre su di un balconcino vicino, un orientale sta ascoltando alla radio le notizie del giorno, in spagnolo. Questo a dimostrazione di come questo quartiere sia davvero un bel calderone multiculturale.
Per un attimo ho pensato che questo momento forse vale tanto quanto la visita al famoso palazzo di Gaudì.
Prendo il libro che sto leggendo in questi giorni, "L'ombra del vento" di Zafon, e continuo a leggere da dove la sera prima avevo lasciato.
La storia è ambientata proprio a Barcellona e narra di un giovane libraio, Daniel Sempere,  che si imbatte nei romazi di Julian Carax, un misterioso scrittore avvolto da innumerevoli misteri, di cui è deciso a svelarne i retroscena, indagando sulla sua vita e sulla genesi dei suoi romanzi.
Daniel vive una sorta di analogia mentre indaga sulle vicende di Carax e non può fare a meno di notare come mano a mano che la storia va avanti, assomigli in maniera impressionante alla sue vicende presenti.
E io, da inguaribile romantico quale sono, non posso non proiettare nei personaggi di questo romanzo le figure più importanti che cirondano il mio presente, quasi come fosse il casting di uno sceneggiato.
Una frase pronunciata dal protagonista mi ha molto colpito: «I  libri sono specchi: riflettono ciò che abbiamo dentro». Ed è clamorasamente così per me, mentre leggo questo romanzo, prestatomi da un donatore misterioso, che sembra tirarmi fuori le idee e le parole che cercavo e di cui necessito per poter esprimere al meglio quello che ho dentro.
Sono molti i passaggi che questo in romazo sto sottolineando e da cui trarrò la giusta ispirazione.
Darò voce a quello che sento senza nessuna vergogna e lotterò per far si che il risultato sia quello da me sperato.


Olè! :)

Che salpino le navi, si levino le ancore...

sabato 16 aprile 2011

Alla fine parto e forse non ci credevo nemmeno io.
Con un biglietto fatto qualche settimana fa stando comodamente seduti davanti al computer, quasi senza pensarci.
Un biglietto che assume un valore esponenziale mano a mano che si avvicina la data d'imbarco, perchè questi giorni sono stati assurdi, terribili e fantastici allo stesso tempo.
Partirò avendo stampato nel cuore due paia di occhi, due sguardi, due colori diversi.


Partirò con lo sguardo che aveva Massimo quando seduto esattamente davanti a me raccontava delle foto che ha scattato in giro tra il Caffè delle Merci e il Mercato centrale a Pescara.
Per un attimo, mentre il piatto suonava un disco di Pino, mi sono arrivati accessi, bianchi, puliti da qualsiasi increspatura e limpidi oltre quello che avrei pensato, facendomi davvero contento.


Partirò con gli occhi di Pascà quando di notte davanti al locale dove lavora e dopo l'ora di chiusura mi racconta di se e di quello che ha capito nei suoi ultimi tempi. Delle sue nuove consapevolezze, di come si sente e si vede. Mi porterò i movimenti della sua testa, di come uscivano le sue parole e di come quegli occhi incrociavano i miei in attimi veloci come coltelli.


E poi tornerò.
Con muscoli da capitano, il viso scavato dalla feroce brezza delle tempeste e occhi presuntuosi tanto da voler scrutare l'orizzonte senza cannocchiale.

Pezzi di vetro

lunedì 4 aprile 2011

L'uomo che cammina sui pezzi di vetro
dicono ha due anime e un sesso di ramo duro in cuore
e una luna e dei fuochi alle spalle mentre balla e balla,
sotto l'angolo retto di una stella.
Niente a che vedere col circo,
nè acrobati nè mangiatori di fuoco,
piuttosto un santo a piedi nudi,
quando vedi che non si taglia, già lo sai.
Ti potresti innamorare di lui,
forse sei già innamorata di lui,
cosa importa se ha vent'anni
e nelle pieghe della mano,
una linea che gira e lui risponde serio
"è mia"; sottindente la vita.
E la fine del discorso la conosci già,
era acqua corrente un pò di tempo fà che ora si è fermata qua.
Non conosce paura l'uomo che salta
e vince sui vetri e spezza bottiglie e ride e sorride,
perchè ferirsi non è impossibile,
morire meno che mai e poi mai.
Insieme visitata è la notte che dicono ha due anime
e un letto e un tetto di capanna utile e dolce
come ombrello teso tra la terra e il cielo.
Lui ti offre la sua ultima carta,
il suo ultimo prezioso tentativo di stupire,
quando dice "È quattro giorni che ti amo,
ti prego, non andare via, non lasciarmi ferito".
E non hai capito ancora come mai,
mi hai lasciato in un minuto tutto quel che hai.
Però stai bene dove stai.