Assistere al suo "Grigio di Giorgio Gaber" é ogni volta un'esperienza forte. Un piccolo terremoto per quei pensieri che ognuno di noi, non so quanto saggiamente, mantiene sopiti e quieti, negli anfratti più stretti e scuri della propria anima. Un testo, quello di Gaber, che segna e fa crescere.
Mentre lo ascoltavo, appena qualche ora fa, non potevo non vibrare su certi affondi del sua voce e non potevo non pensare a quante volte, prima ancora che sapessi dell'esistenza di questo lungo monologo, avevo timidamente fatto certi pensieri.
Io non ho il talento per scriverli, ne tantomeno di metterli in scena in così magistrale maniera, ma mi ritengo fortunato a poter passare un sabato sera così, piuttosto che uniformarmi alla massa e ubriacarmi e stordirmi per non pensare.
Sono contento di aver incrociato sulla mia via Giampiero. Persona e personaggio di immenso carisma e che posso definire "modestamente" un amico. Una persona diversissima da me eppure così uguale in certi percorsi, perché se é vero che lui questo monologo lo porta in scena da più di vent'anni, vuol dire che de "Il grigio" c'è tanto, forse tutto, di lui. E sicuramente c'è qualcosa di me.
É notte fonda e sono stanco e non so se sono riuscito a scrivere qualcosa di sensato.
Mi metto a letto e lascio a decantare gli ultimi pensieri.
Che bello spettacolo, che bella serata.
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