Io per lei ho deciso di cambiare...
martedì 23 agosto 2011
E' come il caffè, basta mettere insieme i pezzi e aspettare. Lo sento, percepisco il rumore di quando il caffè sale dentro la macchinetta prima di uscire e depositarsi nella parte superiore.
Se fosse possibile è così che tutti dovremmo vivere, con questa convinzione/sensazione che le cose stanno andando per il verso giusto e poco importa se la macchinetta non è chiusa bene e un po' di caffè sfiata di lato creando una macchia o se ci si scotta un pelino per versarlo nella tazza.
Conta l'aroma, lo zucchero, il tintinnio del cucchiaio e infine il sapore. Dolce, caldo, forte. Caffè!
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La mia strada ancora corre e va, ma mai lontano quanto l'immaginazione...
domenica 31 luglio 2011
Quante volte avrò iniziato un post dicendo che non scrivo da un po'?
Boo, non credo abbia poi così importanza in fondo.
Sono in cucina che aspetto esca il caffè e ho voglia di condividere qualcosa di tutto quel marasma che mi porto dietro. E' una condizione persistente la mia, ma la considero una cosa assolutamente positiva :)
Le domande portano prima o poi sempre a delle risposte e io ne sono assetato da sempre.
Solo che non è assolutamente detto che arrivino presto, alcune volte ci mettono davvero un bel po', anni magari, ma arrivano, cazzo se arrivano.
Infatti proprio adesso che ci penso forse alcune delle domande più importanti che mi porto dietro, necessitano solo di uno standby fiducioso, un po' come sedersi sulla riva di un fiume.
Ma si…
Tra le varie cose che mi passano per la testa c'è sicuramente il fatto che ho il vizio di comprare le cose due alla volta, specie quando faccio la spesa.
Due scatole di pasta, due dentrifrici, due pacchi di merendine, due di deodorante ecc. Probabilmente è un bisogno di sicurezza, ma chi non ha bisogno in qualche misura?
Se dovessi definirmi non avrei grossi problemi a dire che in passato ero abbastanza insicuro, contrariamente a come mi vedo e sento oggi.
Le strade, i volti e le voci che ho incontrato in questi ultimi anni mi hanno davvero cambiato.
Certo magari compro le stesso due bottiglie di succhi di frutta per ogni gusto che mi va, ma credo di farlo come una voluta stravaganza :)
Ho 33 anni, gli anni della maturità, gli anni di Cristo, gli anni del cambiamento, di non si sa bene cosa, della svolta.
Sono un uomo, che ha definitivamente fatto i conti col Genitore che ognuno di noi si porta dentro. Con i no, le paure, le pressioni e le ansie che involotariamente ho assorbito nella crescita. Sono un uomo in mezzo ad altri uomini il che vuol dire che ho imparato a vedere delle Persone in mezzo alla Gente.
Un uomo che si tiene stretto il Bambino che ognuno di noi ha dentro di se, perchè è la sua chiave di accesso a quella stanza senza pareti e senza tempo che chiama musica.
La chiave d'accesso alle proprie emozioni e alla comunicazione di esse come unica interfaccia verso gli altri.
Un uomo che finalmente mediando tra Genitore e Bambino è molto più Adulto di quello che immaginava.
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domenica 5 giugno 2011
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Noi, noi no!
lunedì 16 maggio 2011
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L'amore è laddove sei pronto a soffrire...
domenica 24 aprile 2011
Ieri mattina avevo in mente di andare a visitare La Pedrera di Gaudì approfittando del fatto che Alessandro era a passeggio con la sua Carolina e io ero libero di gironzolare per Barcellona come preferivo, ed essendo ieri Sant Jordi ho trovato lungo tutta la Rambla, bacarelle con rose rosse e libri.
Il 23 aprile di ogni anno Barcellona e l'intera Catalogna festeggiano Sant Jordi, il giorno degli innamorati, una sorta di San Valentino catalano. In questo giorno infatti, le coppie di amanti, ma anche gli amici, genitori e figli, si regalano delle rose rosse e dei libri per celebrare l'evento.
La festa pololare trae origine dalla storia del legendario cavaliere Jordi. La leggenda narra di un terribile drago che terrorizzava un piccolo villaggio della Catalogna. Per placare il mostro, gli abitanti di questo villaggio offrivano in sacrificio degli animali ma col passare del tempo ciò non bastò più al drago ed allora la popolazione fu costretta ad offrire in sacrificio ogni giorno una persona diversa. Un giorno fu scelta la figlia del re. Proprio quando stava per essere divorata dal drago, un coraggioso cavaliere, chiamato appunto Jordi, si battè contro la mostruosa creatura e la sconfisse trafiggendola con la sua lancia e dallo spruzzo di sangue uscì una rosa rossa.
Da allora è costume in Catalogna regalare una rosa rossa alla propria amata nel giorno di Sant Jordi.
Mi sono immerso nei colori che questa festa riesce ad esprimere fotografando ogni piccolo particolare che catturasse la mia attenzione, camminando su e giù per la Rambla. Di tanto in tanto mi inoltravo nelle calle laterali scovando scorci e negozietti, preziosi come bombiniere. Un' antica pasticceria, un negozio di libri a fumetti, locande e bar, passando attraverso il mercato della Boqueria, coi suoi inconfondibili succhi di frutta sgargianti.
Arrivate le tre del pomeriggio ho iniziato ad accusare un po di stanchezza e fame. Dopo un veloce pasto mi sono diretto verso l'appartamento dove alloggiamo.
Mi sono messo comodo, ho scartato un po di souvenir comprati durante la mattinata e ho aperto l'unica finestra della stanza che si affaccia sul piccolo porticato interno del palazzo.
L'appartamento è situato nel multietico quartiere del Raval, pieno di voci e volti diversi l'uno dall'altro. Di giorno è molto caratteristico, di notte, senza nessua esagerazione è alquanto pericoloso.
Mentre faccio prendere aria alla stanza, i rumori del Raval fanno da colonna sonora a questo pomeriggio Barcellonese. Si sente in lontananza quello che sembra essere un vero e proprio grammofono che trasmette nientepopopodimeno che "Parlami d'amore Mariù" e altri classici di un tempo, mentre su di un balconcino vicino, un orientale sta ascoltando alla radio le notizie del giorno, in spagnolo. Questo a dimostrazione di come questo quartiere sia davvero un bel calderone multiculturale.
Per un attimo ho pensato che questo momento forse vale tanto quanto la visita al famoso palazzo di Gaudì.
Prendo il libro che sto leggendo in questi giorni, "L'ombra del vento" di Zafon, e continuo a leggere da dove la sera prima avevo lasciato.
La storia è ambientata proprio a Barcellona e narra di un giovane libraio, Daniel Sempere, che si imbatte nei romazi di Julian Carax, un misterioso scrittore avvolto da innumerevoli misteri, di cui è deciso a svelarne i retroscena, indagando sulla sua vita e sulla genesi dei suoi romanzi.
Daniel vive una sorta di analogia mentre indaga sulle vicende di Carax e non può fare a meno di notare come mano a mano che la storia va avanti, assomigli in maniera impressionante alla sue vicende presenti.
E io, da inguaribile romantico quale sono, non posso non proiettare nei personaggi di questo romanzo le figure più importanti che cirondano il mio presente, quasi come fosse il casting di uno sceneggiato.
Una frase pronunciata dal protagonista mi ha molto colpito: «I libri sono specchi: riflettono ciò che abbiamo dentro». Ed è clamorasamente così per me, mentre leggo questo romanzo, prestatomi da un donatore misterioso, che sembra tirarmi fuori le idee e le parole che cercavo e di cui necessito per poter esprimere al meglio quello che ho dentro.
Sono molti i passaggi che questo in romazo sto sottolineando e da cui trarrò la giusta ispirazione.
Darò voce a quello che sento senza nessuna vergogna e lotterò per far si che il risultato sia quello da me sperato.
Olè! :)
Il 23 aprile di ogni anno Barcellona e l'intera Catalogna festeggiano Sant Jordi, il giorno degli innamorati, una sorta di San Valentino catalano. In questo giorno infatti, le coppie di amanti, ma anche gli amici, genitori e figli, si regalano delle rose rosse e dei libri per celebrare l'evento.
La festa pololare trae origine dalla storia del legendario cavaliere Jordi. La leggenda narra di un terribile drago che terrorizzava un piccolo villaggio della Catalogna. Per placare il mostro, gli abitanti di questo villaggio offrivano in sacrificio degli animali ma col passare del tempo ciò non bastò più al drago ed allora la popolazione fu costretta ad offrire in sacrificio ogni giorno una persona diversa. Un giorno fu scelta la figlia del re. Proprio quando stava per essere divorata dal drago, un coraggioso cavaliere, chiamato appunto Jordi, si battè contro la mostruosa creatura e la sconfisse trafiggendola con la sua lancia e dallo spruzzo di sangue uscì una rosa rossa.
Da allora è costume in Catalogna regalare una rosa rossa alla propria amata nel giorno di Sant Jordi.
Mi sono immerso nei colori che questa festa riesce ad esprimere fotografando ogni piccolo particolare che catturasse la mia attenzione, camminando su e giù per la Rambla. Di tanto in tanto mi inoltravo nelle calle laterali scovando scorci e negozietti, preziosi come bombiniere. Un' antica pasticceria, un negozio di libri a fumetti, locande e bar, passando attraverso il mercato della Boqueria, coi suoi inconfondibili succhi di frutta sgargianti.
Arrivate le tre del pomeriggio ho iniziato ad accusare un po di stanchezza e fame. Dopo un veloce pasto mi sono diretto verso l'appartamento dove alloggiamo.
Mi sono messo comodo, ho scartato un po di souvenir comprati durante la mattinata e ho aperto l'unica finestra della stanza che si affaccia sul piccolo porticato interno del palazzo.
L'appartamento è situato nel multietico quartiere del Raval, pieno di voci e volti diversi l'uno dall'altro. Di giorno è molto caratteristico, di notte, senza nessua esagerazione è alquanto pericoloso.
Mentre faccio prendere aria alla stanza, i rumori del Raval fanno da colonna sonora a questo pomeriggio Barcellonese. Si sente in lontananza quello che sembra essere un vero e proprio grammofono che trasmette nientepopopodimeno che "Parlami d'amore Mariù" e altri classici di un tempo, mentre su di un balconcino vicino, un orientale sta ascoltando alla radio le notizie del giorno, in spagnolo. Questo a dimostrazione di come questo quartiere sia davvero un bel calderone multiculturale.
Per un attimo ho pensato che questo momento forse vale tanto quanto la visita al famoso palazzo di Gaudì.
Prendo il libro che sto leggendo in questi giorni, "L'ombra del vento" di Zafon, e continuo a leggere da dove la sera prima avevo lasciato.
La storia è ambientata proprio a Barcellona e narra di un giovane libraio, Daniel Sempere, che si imbatte nei romazi di Julian Carax, un misterioso scrittore avvolto da innumerevoli misteri, di cui è deciso a svelarne i retroscena, indagando sulla sua vita e sulla genesi dei suoi romanzi.
Daniel vive una sorta di analogia mentre indaga sulle vicende di Carax e non può fare a meno di notare come mano a mano che la storia va avanti, assomigli in maniera impressionante alla sue vicende presenti.
E io, da inguaribile romantico quale sono, non posso non proiettare nei personaggi di questo romanzo le figure più importanti che cirondano il mio presente, quasi come fosse il casting di uno sceneggiato.
Una frase pronunciata dal protagonista mi ha molto colpito: «I libri sono specchi: riflettono ciò che abbiamo dentro». Ed è clamorasamente così per me, mentre leggo questo romanzo, prestatomi da un donatore misterioso, che sembra tirarmi fuori le idee e le parole che cercavo e di cui necessito per poter esprimere al meglio quello che ho dentro.
Sono molti i passaggi che questo in romazo sto sottolineando e da cui trarrò la giusta ispirazione.
Darò voce a quello che sento senza nessuna vergogna e lotterò per far si che il risultato sia quello da me sperato.
Olè! :)
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Che salpino le navi, si levino le ancore...
sabato 16 aprile 2011
Alla fine parto e forse non ci credevo nemmeno io.
Con un biglietto fatto qualche settimana fa stando comodamente seduti davanti al computer, quasi senza pensarci.
Un biglietto che assume un valore esponenziale mano a mano che si avvicina la data d'imbarco, perchè questi giorni sono stati assurdi, terribili e fantastici allo stesso tempo.
Partirò avendo stampato nel cuore due paia di occhi, due sguardi, due colori diversi.
Partirò con lo sguardo che aveva Massimo quando seduto esattamente davanti a me raccontava delle foto che ha scattato in giro tra il Caffè delle Merci e il Mercato centrale a Pescara.
Per un attimo, mentre il piatto suonava un disco di Pino, mi sono arrivati accessi, bianchi, puliti da qualsiasi increspatura e limpidi oltre quello che avrei pensato, facendomi davvero contento.
Partirò con gli occhi di Pascà quando di notte davanti al locale dove lavora e dopo l'ora di chiusura mi racconta di se e di quello che ha capito nei suoi ultimi tempi. Delle sue nuove consapevolezze, di come si sente e si vede. Mi porterò i movimenti della sua testa, di come uscivano le sue parole e di come quegli occhi incrociavano i miei in attimi veloci come coltelli.
E poi tornerò.
Con muscoli da capitano, il viso scavato dalla feroce brezza delle tempeste e occhi presuntuosi tanto da voler scrutare l'orizzonte senza cannocchiale.
Con un biglietto fatto qualche settimana fa stando comodamente seduti davanti al computer, quasi senza pensarci.
Un biglietto che assume un valore esponenziale mano a mano che si avvicina la data d'imbarco, perchè questi giorni sono stati assurdi, terribili e fantastici allo stesso tempo.
Partirò avendo stampato nel cuore due paia di occhi, due sguardi, due colori diversi.
Partirò con lo sguardo che aveva Massimo quando seduto esattamente davanti a me raccontava delle foto che ha scattato in giro tra il Caffè delle Merci e il Mercato centrale a Pescara.
Per un attimo, mentre il piatto suonava un disco di Pino, mi sono arrivati accessi, bianchi, puliti da qualsiasi increspatura e limpidi oltre quello che avrei pensato, facendomi davvero contento.
Partirò con gli occhi di Pascà quando di notte davanti al locale dove lavora e dopo l'ora di chiusura mi racconta di se e di quello che ha capito nei suoi ultimi tempi. Delle sue nuove consapevolezze, di come si sente e si vede. Mi porterò i movimenti della sua testa, di come uscivano le sue parole e di come quegli occhi incrociavano i miei in attimi veloci come coltelli.
E poi tornerò.
Con muscoli da capitano, il viso scavato dalla feroce brezza delle tempeste e occhi presuntuosi tanto da voler scrutare l'orizzonte senza cannocchiale.
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Pezzi di vetro
lunedì 4 aprile 2011
L'uomo che cammina sui pezzi di vetro
dicono ha due anime e un sesso di ramo duro in cuore
e una luna e dei fuochi alle spalle mentre balla e balla,
sotto l'angolo retto di una stella.
Niente a che vedere col circo,
nè acrobati nè mangiatori di fuoco,
piuttosto un santo a piedi nudi,
quando vedi che non si taglia, già lo sai.
Ti potresti innamorare di lui,
forse sei già innamorata di lui,
cosa importa se ha vent'anni
e nelle pieghe della mano,
una linea che gira e lui risponde serio
"è mia"; sottindente la vita.
E la fine del discorso la conosci già,
era acqua corrente un pò di tempo fà che ora si è fermata qua.
Non conosce paura l'uomo che salta
e vince sui vetri e spezza bottiglie e ride e sorride,
perchè ferirsi non è impossibile,
morire meno che mai e poi mai.
Insieme visitata è la notte che dicono ha due anime
e un letto e un tetto di capanna utile e dolce
come ombrello teso tra la terra e il cielo.
Lui ti offre la sua ultima carta,
il suo ultimo prezioso tentativo di stupire,
quando dice "È quattro giorni che ti amo,
ti prego, non andare via, non lasciarmi ferito".
E non hai capito ancora come mai,
mi hai lasciato in un minuto tutto quel che hai.
Però stai bene dove stai.
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Lui buttò un soldino nel mare, lei lo guardò galleggiare...
sabato 19 marzo 2011
L'altro giorno non so che mi ha preso!
Entro nel mio studio, accendo il mixer, le casse, accendo il Mac, apro Garageband, credo due tracce, una per il piano elettrico e una per la voce, stampo il testo che da qualche giorno non vuole saperne di uscire dalla mia testa, provo gli accordi e premo Rec.
Mentre suono l'intro penso a Zelda, il videogioco. Ne fecero uno qualche anno fa con un taglio decisamente cartoon, infondendo al personaggio principale una nuova serie di espressioni e movenze tra le quali quella di girare gli occhi, se non tutta la testa, verso gli oggetti e le persone che sono interessanti, utili o addirittura necessari all'interno del gioco. In un primo momento mi sembrò una cosa strana perchè ero li che andavo su e giù per le strade di questo videogame ed era curioso come il mio piccolo eroe poligonale mostrasse attenzione ora per una persona, ora per un vaso e in entrambi i casi ritrovarsi a pensare: chissà che c'è dentro?
E mentre suono, durante questa veloce associazione mentale mi chiedo: perchè questa canzone ha catturato la mia attenzione? All'inizio non lo capivo ma continuando a suonare e cantare, diveniva sempre più chiaro. Mi è capitato già tante volte di ascoltare una canzone senza stare li consciamente a capire il testo, pensando semplicemente che era una bella canzone. Credo siano quei momenti in cui il nostro lato animale e istintivo, sfruttando un breve spiraglio, una via di fuga tra educazione, pregiudizi, esperienze ecc ecc, crea involontariamente una comuncazione diretta tra la fonte essenziale di noi e il mondo che ci circonda.
Quello che in maniera volgare e impropria in un qualsiasi reality verebbe apostofato come un "mi arriva, mi sei arrivato".
Quindi se tutto questo è vero, tutte quelle volte che guardo e riguardo qualcuno? Se fossi nel gioco dovrei pensare che quella persona potrebbe darmi qualcosa, essermi utile o avere un ruolo più o meno importante all'interno della mia storia.
Per farla breve, ora sto facendo caso a dove poso il mio sguardo come se fosse il naturale segnale che l'istinto mi da per dirmi "vai li" e mi diverto a incollare su questi sguardi, etichette di emozioni di base. Piacere, attrazione fisica, divertimento, fastidio, imbarazzo...
ma... forse... ora sto un po divagando...
Alla fine della fiera e di tutto questo giro di parole, ecco il frutto di un momento davvero davvero intenso.
Entro nel mio studio, accendo il mixer, le casse, accendo il Mac, apro Garageband, credo due tracce, una per il piano elettrico e una per la voce, stampo il testo che da qualche giorno non vuole saperne di uscire dalla mia testa, provo gli accordi e premo Rec.
Mentre suono l'intro penso a Zelda, il videogioco. Ne fecero uno qualche anno fa con un taglio decisamente cartoon, infondendo al personaggio principale una nuova serie di espressioni e movenze tra le quali quella di girare gli occhi, se non tutta la testa, verso gli oggetti e le persone che sono interessanti, utili o addirittura necessari all'interno del gioco. In un primo momento mi sembrò una cosa strana perchè ero li che andavo su e giù per le strade di questo videogame ed era curioso come il mio piccolo eroe poligonale mostrasse attenzione ora per una persona, ora per un vaso e in entrambi i casi ritrovarsi a pensare: chissà che c'è dentro?
E mentre suono, durante questa veloce associazione mentale mi chiedo: perchè questa canzone ha catturato la mia attenzione? All'inizio non lo capivo ma continuando a suonare e cantare, diveniva sempre più chiaro. Mi è capitato già tante volte di ascoltare una canzone senza stare li consciamente a capire il testo, pensando semplicemente che era una bella canzone. Credo siano quei momenti in cui il nostro lato animale e istintivo, sfruttando un breve spiraglio, una via di fuga tra educazione, pregiudizi, esperienze ecc ecc, crea involontariamente una comuncazione diretta tra la fonte essenziale di noi e il mondo che ci circonda.
Quello che in maniera volgare e impropria in un qualsiasi reality verebbe apostofato come un "mi arriva, mi sei arrivato".
Quindi se tutto questo è vero, tutte quelle volte che guardo e riguardo qualcuno? Se fossi nel gioco dovrei pensare che quella persona potrebbe darmi qualcosa, essermi utile o avere un ruolo più o meno importante all'interno della mia storia.
Per farla breve, ora sto facendo caso a dove poso il mio sguardo come se fosse il naturale segnale che l'istinto mi da per dirmi "vai li" e mi diverto a incollare su questi sguardi, etichette di emozioni di base. Piacere, attrazione fisica, divertimento, fastidio, imbarazzo...
ma... forse... ora sto un po divagando...
Alla fine della fiera e di tutto questo giro di parole, ecco il frutto di un momento davvero davvero intenso.
Chi saprà prendersi tutta questa energia? :)
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Lei che mi confonde poppa e prua, dov'è la mappa del tesoro per cercare un'isola, la tua...
martedì 15 marzo 2011
Con te sarò nuovo. Ti dico queste parole nel periodo migliore della mia vita, nel periodo in cui sto bene, in cui ho capito tante cose. Nel periodo in cui mi sono finalmente ricongiunto con la mia gioia. In questo periodo la mia vita è piena, ho tante cose intorno a me che mi piacciono, che mi affascinano. Sto molto bene da solo, e la mia vita senza di te è meravigliosa. Lo so che detto così suona male, ma non fraintendermi, intendo dire che ti chiedo di stare con me non perché senza di te io sia infelice: sarei egoista, bisognoso e interessato alla mia sola felicità, e così tu saresti la mia salvezza. Io ti chiedo di stare con me perché la mia vita in questo momento è veramente meravigliosa, ma con te lo sarebbe ancora di più. Se senza di te vivessi una vita squallida, vuota, misera non avrebbe alcun valore rinunciarci per te. Che valore avresti se tu fossi l'alternativa al nulla, al vuoto, alla tristezza? Più una persona sta bene da sola, e più acquista valore la persona con cui decide di stare. Spero tu possa capire quello che cerco di dirti. Io sto bene da solo ma quando ti ho incontrato è come se in ogni parola che dico nella mia vita ci fosse una lettera del tuo nome, perché alla fine di ogni discorso compari sempre tu. Ho imparato ad amarmi. E visto che stando insieme a te ti donerò me stesso, cercherò di rendere il mio regalo più bello possibile ogni giorno. Mi costringerai ad essere attento. Degno dell'amore che provo per te. Da questo momento mi tolgo ogni armatura, ogni protezione... non sono solo innamorato di te, io ti amo. Per questo sono sicuro. Nell'amare ci può essere anche una fase di innamoramento, ma non sempre nell'innamoramento c'è vero amore. Io ti amo. Come non ho mai amato nessuno prima...E' un breve stralcio di E' una vita che ti aspetto di Fabio Volo. Forse scontato e banale per molti ma tremendamente efficace secondo me e ho voluto riportarlo qui perchè rispecchia in pieno quello che sento oggi :)
PS
Per chi se lo stesse chiedendo la risposta è no ma credetemi, è solo un dettaglio.
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Sul lungomare del mondo
lunedì 14 marzo 2011
Disorientato
Da oggi chiudo i conti col passato
I passi fatti e quelli che farò
Da oggi ogni giorno nascerò da zero
Non mi han convinto i pessimisti no
Non mi han convinto i disonesti no
Non son persuaso dai persuasori no
Io seguo il ritmo dei lampioni sul lungomare del mondo
E i bar che passan le canzoni
Sono tranquillo la pioggia poi fa posto al tempo bello
Così è da sempre e sempre resterà
E tutto cambia e tutto cambierà ancora
Dov’è finito il mio stupore oh?
Cosa s’impara dal dolore non so
Ma credo ancora
Che tutto un senso ha
E seguo il ritmo dei lampioni sul lungomare del mondo
del mondo
Disorientato
Da oggi chiudo i conti col passato
e conta solo quello che farò
da oggi ogni giorno io vivrò davvero
Dov’è finito il mio stupore oh?
Cosa s’impara dal dolore non so
Ma credo ancora
Che tutto un senso ha
E seguo il ritmo dei lampioni sul lungomare del mondo
E cerco un posto dove stendermi e guardar le stelle con te insieme a te
E tu, che stella sei?
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Je n'ai pas peur de la route faudrait voir, faut qu'on y goûte. Des méandres au creux des reins et tout ira bien...
sabato 26 febbraio 2011
Sono ormai diversi giorni che il vento imperversa su questa piccola città e non ho ancora capito perchè. Non ho capito se spazza via o porta con se novità, so solo che fa freddo.
Forse sta rimescolando le carte per servire una nuova mano.
Io penso sia venuto a pulire e levigare i rami secchi degli alberi per prepararli alla bella stagione.
Lo sapete che nell'occhio del ciclone c'è la calma piatta? Io mi sento proprio li, nel centro esatto di un caos che smuove cose che non dovrebbero essere toccate.
Oggetti, ricordi e fatti si mescolano davanti a me tra passato, presente e futuro dando un senso di indefinito a questi giorni.
In mezzo a questo vento, tra un cielo azzurro cartolina e le distese verdi che vedo nei tanti chilometri fatti con la macchina, c'è un sole al tramonto che ha un sapore apocalittico... eroico...
...e nonostante tutto, così come un sasso crea cerchi in uno stagno, un sorriso si apre sul mio volto.
Forse sta rimescolando le carte per servire una nuova mano.
Io penso sia venuto a pulire e levigare i rami secchi degli alberi per prepararli alla bella stagione.
Lo sapete che nell'occhio del ciclone c'è la calma piatta? Io mi sento proprio li, nel centro esatto di un caos che smuove cose che non dovrebbero essere toccate.
Oggetti, ricordi e fatti si mescolano davanti a me tra passato, presente e futuro dando un senso di indefinito a questi giorni.
In mezzo a questo vento, tra un cielo azzurro cartolina e le distese verdi che vedo nei tanti chilometri fatti con la macchina, c'è un sole al tramonto che ha un sapore apocalittico... eroico...
...e nonostante tutto, così come un sasso crea cerchi in uno stagno, un sorriso si apre sul mio volto.
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E mi scappa da ridere...
domenica 20 febbraio 2011
Autoritratto |
E' una domenica tonica, piena dei colori che sto tirando fuori da diversi giorni.
Sento l'esigenza di scrivere, di disegnare qualcosa su un foglio di carta, di giocare con le immagini e ovviamente suonare. Sempre suonare.
Ho le porte aperte e cerco la connessione con il prossimo.
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Caro babbo...
venerdì 11 febbraio 2011
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And maybe i'm too young, to keep good love from going wrong...
venerdì 4 febbraio 2011
Ho dovuto farlo, ho dovuto aspettare che passasse perchè fino a due giorni fa ero ancora sotto l'effetto del tuo sorriso e non avrei potuto scrivere niente di sensato.
Ho passato una notte inquieta dopo l'ultima sera che ci siamo visti. Mi sono smarrito nel letto, ti ho pensata, ti ho sognata, ti sei svegliata insieme a me il mattino seguente e avevo ancora stampato sulle braccia il sapore del nostro abbraccio, l'odore dei tuoi occhi lucidi, il suono delle tue mani tra le mie...
Ho dovuto aspettare, cercare di ragionare per non cedere alla tentazione di chiamarti e dirtelo.
Dirti che mi sono trovato davanti all'abisso che è dentro il mio cuore.
Dirti che vorrei buttarmi li dentro se questo significasse sedersi dentro i tuoi occhi e finalmente riposare.
Ho passato una notte inquieta dopo l'ultima sera che ci siamo visti. Mi sono smarrito nel letto, ti ho pensata, ti ho sognata, ti sei svegliata insieme a me il mattino seguente e avevo ancora stampato sulle braccia il sapore del nostro abbraccio, l'odore dei tuoi occhi lucidi, il suono delle tue mani tra le mie...
Ho dovuto aspettare, cercare di ragionare per non cedere alla tentazione di chiamarti e dirtelo.
Dirti che mi sono trovato davanti all'abisso che è dentro il mio cuore.
Dirti che vorrei buttarmi li dentro se questo significasse sedersi dentro i tuoi occhi e finalmente riposare.
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Parlo di noi
lunedì 31 gennaio 2011
Parlo di noi, immagini senza età,
ingenui spettatori di questo ridicolo varietà.
Parlo di noi, comparse di Cinecittà,
ognuno ha i suoi debiti e paga le rate
della sua dignità.
Parlo di noi, sotto i riflettori indifferenti delle stelle,
rinchiusi in uno stadio come animali impazziti,
di un secolo di guerre,
di noi che per non vivere vere emozioni
ad ogni angolo compriamo false illusioni
e andiamo a letto per non sentire un dolore
che non vuole passare.
Parlo di noi, che ogni giorno corriamo
per raggiungere impossibili mete,
treni solitari, che mille lettere scriviamo,
sui settimanali, sulle code delle comete,
di noi che bestemmiando preghiamo,
senza riuscire mai ad essere eroi
di questa piccola storia infinita
che chiamiamo ancora vita,
parlo di noi, parlo di noi.
Di noi, che affoghiamo nell'alba di un'altra allegria,
nessuno qui si offenda, io parlo di noi,
grandi assenti di questa lotteria,
destinati a un esodo senza intervallo,
a rimpiangere un amore finito sul più bello,
noi che dai nostri padri e dai loro partiti
siamo stati traditi.
Parlo di noi, che dentro al cuore lottiamo
per non essere quello che siamo,
fragili spighe di grano sotto la falce del vento,
papaveri rossi pieni di sentimento,
di noi che in fondo all'odio ci amiamo
e siamo ormai, nostro malgrado, gli eroi
di questa piccola storia infinita
che chiamiamo ancora vita,
parlo di noi, parlo di noi.
ingenui spettatori di questo ridicolo varietà.
Parlo di noi, comparse di Cinecittà,
ognuno ha i suoi debiti e paga le rate
della sua dignità.
Parlo di noi, sotto i riflettori indifferenti delle stelle,
rinchiusi in uno stadio come animali impazziti,
di un secolo di guerre,
di noi che per non vivere vere emozioni
ad ogni angolo compriamo false illusioni
e andiamo a letto per non sentire un dolore
che non vuole passare.
Parlo di noi, che ogni giorno corriamo
per raggiungere impossibili mete,
treni solitari, che mille lettere scriviamo,
sui settimanali, sulle code delle comete,
di noi che bestemmiando preghiamo,
senza riuscire mai ad essere eroi
di questa piccola storia infinita
che chiamiamo ancora vita,
parlo di noi, parlo di noi.
Di noi, che affoghiamo nell'alba di un'altra allegria,
nessuno qui si offenda, io parlo di noi,
grandi assenti di questa lotteria,
destinati a un esodo senza intervallo,
a rimpiangere un amore finito sul più bello,
noi che dai nostri padri e dai loro partiti
siamo stati traditi.
Parlo di noi, che dentro al cuore lottiamo
per non essere quello che siamo,
fragili spighe di grano sotto la falce del vento,
papaveri rossi pieni di sentimento,
di noi che in fondo all'odio ci amiamo
e siamo ormai, nostro malgrado, gli eroi
di questa piccola storia infinita
che chiamiamo ancora vita,
parlo di noi, parlo di noi.
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Dentro un ragazzo di pianura a caccia della sua poesia...
sabato 22 gennaio 2011
Se fosse una nota sarebbe sicuramente dissonante,
o il colore dell'acqua dentro il bicchiere dopo aver usato i pennelli.
Il pongo pasticciato e messo dentro una scatola o lo zucchero versato nel caffè che non è entrato nella tazzina.
O semplicemente è solo senso di inadeguatezza.
Sono giorni densi e indefiniti, senza colore, senza rancore. Senza troppe cose.
o il colore dell'acqua dentro il bicchiere dopo aver usato i pennelli.
Il pongo pasticciato e messo dentro una scatola o lo zucchero versato nel caffè che non è entrato nella tazzina.
O semplicemente è solo senso di inadeguatezza.
Sono giorni densi e indefiniti, senza colore, senza rancore. Senza troppe cose.
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14:04
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Sii uomo...
Sii uomo,
spogliati.
Prendi tutto di bacio in bacio,
l'amore contro il pudore,
la voglia del desiderio.
L'uragano ha il tuo nome
di qua e al di là del cielo.
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Mi capisci? Ho bisogno che ti fidi e se sbaglio, quando sbaglio, stai con me...
mercoledì 12 gennaio 2011
... anche con le amicizie piu vere, parlo, rido, do fiato alla mia chiacchiera e giro intorno alle cose, ma difficilmente guardo negli occhi. Voglio imparare a farlo. Comunicare con gli occhi dicendo "io sono qui" e vedere un po com'é. Un tentativo vero di espormi come non faccio mai. Come non ho fatto mai, senza timore e senza la paura di essere giudicato. Senza vergognarmi di commuovermi e magari piangere.
Perché io non piango mai ed é ora di finirla.
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Pearl days...
martedì 11 gennaio 2011
L'ultimo fine settimana lo ammetto, sono stato uno straccio. Ho passato molto tempo da solo a scervellarmi su milioni di cose contemporaneamente senza arrivare a capo di nulla ovviamente, ma ringranziando iddio è stata solo una breve parentesi.
Ho scavalcato questo 2010 con un piccolo debito di ossigeno ma tutto sommato devo dire di averlo chiuso bene. Nella sua interezza, non mi riferisco a cosa ho fatto l'ultimo dell'anno. Insomma, per farla breve è un bilancio promettente.
In queste ultime settimane cantavo tra me e me queste parole: Pearl Days... e notavo come il cielo in effetti è stato spesso di un grigio lucido. Ho percepito un'atmosferia sofisticata che spesso veniva spruzzata di un timido sole nelle ore pomeridiane.
Un cielo grigio che non opprimeva ma anzi faceva da volano ai colori sottostanti esaltantone le proprietà.
E' stato un anno interessante sotto mille punti di vista. Ho capito tante cose di me, ma credo di averlo gia detto abbastanza un po a chiunque.
Ho suonato e registrato tante cose e sempre migliorando sia gli aspetti tecnici che puramente espressivi e questa cosa mi rende davvero contento. Mi fa venir voglia di rimettermi in gioco, esibirmi e creare qualcosa da far sentire/vedere.
Forse è proprio vero che bisogna regredire per poi avere lo slancio di fare un passo in più di prima. Se mi sono sentito triste, vuoto e desolato in questi ultimi giorni, forse era solo rincorsa per tutte quelle cose che ho in mente di fare.
Qualcuno ha detto Sala? Mettere qualche soldo da parte? Farsi una chitarra acustica seria?
Indurre una splendida ragazza a innamorarsi di me e io di lei?
:)
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03:20
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